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Imposta di soggiorno: a cosa serve

L'imposta di soggiorno esiste in Italia da diverso tempo: ecco qual è la sua funzione, come viene gestita dagli enti comunali e quali sono i vantaggi che ne derivano.

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Redazione deQuo
26 Marzo 2021
imposta di soggiorno

L’imposta di soggiorno, che viene erroneamente chiamata tassa di soggiorno, è un tributo locale che si applica a coloro i quali pernottano in una struttura ricettiva collocata in un Comune nel quale tale imposta è in vigore. 

L’importo da pagare non viene incassato dall’albergatore, ma dall’amministrazione comunale, che lo investe proprio nel settore turistico. 

Questa tipologia di imposta non ha un impatto diretto sui residenti di un Comune, ma incrementa gli investimenti destinati al turismo proprio grazie ai turisti: vediamo di seguito come funziona. 

Un po’ di storia

L’imposta di soggiorno fu introdotta in Italia per la prima volta nel 1910: inizialmente fu applicata soltanto in alcuni Comuni, specialmente nelle stazioni termali e nelle zone balneari. 

Il Regio decreto legge del 24 novembre 1938 portò all’estensione di tale imposta a tutte le località turistiche e rimase in vigore fino al 1988, anno  in cui fu abolita. L’idea era quella di incrementare i flussi turistici grazie all’eliminazione dell’imposta, ma non ci furono i risultati sperati. 

Paradossalmente, nel 1989 il numero di presenze di turisti in Italia subì una flessione di 1 milione, passando dai 188.371.000 del 1988 a 187.301.000. Tra il 1987 e il 1988, invece, il numero di turisti era aumentato di 5 milioni in un solo anno. 

imposta di soggiorno

La nuova imposta di soggiorno

L’imposta di soggiorno fu nuovamente introdotta nella città di Roma con il decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 e furono stabiliti i principi che la regolano a livello nazionale con il decreto legislativo n. 23 del 14 maggio 2011

Dal 2012, il numero di Comuni che ha scelto di applicare l’imposta di soggiorno è aumentato sempre più e oggi è presente in diverse centinaia di città. 

Si ricorda che, nonostante molto spesso venga chiamata “tassa di soggiorno”, si tratta a tutti gli effetti di un’imposta in quanto non prevede l’erogazione di un servizio, ma consiste nel prelievo coattivo di un contributo che i soggiornanti (rappresentati in questo caso dai turisti) sono tenuti a versare. 

Come viene applicata

La normativa attuale prevede che l’imposta di soggiorno non possa essere istituita da qualsiasi Comune, ma soltanto da quelli che in cui il turismo è molto elevato (come le località balneari o sciistiche), le città d’arte e i capoluoghi di Provincia

I singoli enti comunali dispongono di una certa autonomia nello stabilire:

  1. l’importo da pagare;
  2. la scadenze;
  3. le eventuali esenzioni

Per quanto riguarda le tariffe, si va dai pochi centesimi che vengono richiesti nei B&B dei Comuni di piccole dimensioni ai 5 euro che si devono sostenere per soggiornare in un hotel di lusso a Roma

Le esenzioni vengono in genere applicate alle seguenti categorie di soggetti:

  • bambini e ragazzi;
  • soggetti con disabilità e i loro accompagnatori;
  • autisti;
  • volontari durante eventi calamitosi;
  • forze dell’ordine in servizio. 

Il ruolo delle strutture ricettive

Considerato che le strutture ricettive incassano l’imposta di soggiorno e poi la versano nelle casse dello Stato, possono essere considerati dei veri e proprie agenti contabili: sono stati qualificati in modo ufficiale come tali con la sentenza della Corte dei Conti n. 22 del 2016

A questo proposito, ci sono due informazioni importanti che è bene sapere. La prima riguarda il fatto che ogni anno sarà necessario presentare, entro il 30 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, il conto di gestione dell’agente contabile, che è noto come Modello 21

La seconda è che in caso di mancata riscossione e versamento dell’imposta di soggiorno si potrà andare incontro a sanzioni e conseguenze penali, come per esempio quella di essere puniti per il reato di peculato

Vantaggi 

L’imposta di soggiorno rappresenta, nei fatti, una risorsa che contribuisce alla crescita economica dell’Italia, Paese in cui il turismo ha sempre avuto una rilevanza fondamentale, al punto da poter essere considerato un vero e proprio settore industriale. 

Tra i vantaggi ci sono senza dubbio il fatto di non essere pagata dai residenti del Comune, né dai gestori delle strutture ricettive, ma direttamente dai turisti che scelgono di visitare un determinato posto. 

I gettiti derivanti dalla sua riscossione saranno poi utilizzati per la valorizzazione del territorio e per risarcire, in un certo senso, i cittadini, soprattutto di quelle città che vengono letteralmente invase dai turisti. 

imposta di soggiorno

La gestione telematica

La gestione dell’imposta di soggiorno viene sempre più spesso affidata a dei software online che rendono automatici gli adempimenti e aiutano a non dimenticare le scadenze imposte dalle singole amministrazioni comunali. 

Tra i più diffusi troviamo il software della società StayTour, la quale sostiene i Comuni nel monitoraggio e nel controllo delle dichiarazioni e dei pagamenti relativi all’imposta. 

Il programma permette di compilare e di trasmettere la dichiarazione telematicamente, importando anche in modo automatico i dati necessari alla sua compilazione. Il software è inoltre dotato di sistemi di calcolo e funzioni gestionali di grande utilità per le strutture ricettive.

L’imposta di soggiorno negli altri Paesi

L’imposta di soggiorno non è presente soltanto in Italia: in Europa la troviamo per esempio anche in Francia, in cui la Taxe de séjour è in vigore dal 1919 e dal 2011 è stata integrata dalla Taxe départementale additionnelle de séjour, e in Germania, dove è presente dal 2013. 

Spostandoci un po’ verso Oriente, l’imposta di soggiorno è presente anche in Giappone, dov’è conosciuta con il soprannome di tassa Sayonara. Si tratta di un’imposta introdotta nel 2019 che non pagano soltanto i turismi, ma anche tutti i cittadini giapponesi che vanno in vacanza fuori dal Paese in aereo o nave

L’importo da sostenere è pari a 1.000 YEN, che corrispondono a circa 7,70 euro. Sono esenti dal pagamento dell’imposta i bambini con meno di 2 anno, i viaggiatori che effettuano viaggi di andata e ritorno nell’arco di 24 ore o che atterrano in Giappone, ma soltanto per fare scalo. 

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