Diritto all’oblio: come cambia con la riforma Cartabia
Cosa si intende con il termine "diritto all'oblio"? Ecco come funziona, quando non si può invocare e quali saranno in cambiamenti in arrivo con la riforma Cartabia.
Parlare di diritto all’oblio all’epoca di Internet è abbastanza complicato in quanto, come si suole spesso dire, “Internet non dimentica”.
Quando si parla di diritto all’oblio oggi si deve fare riferimento al GDPR e alla normativa sulla privacy.
Come funziona il diritto all’oblio? Quando non si applica o non può essere invocato? Vediamo di seguito come fare per esercitarlo e cos’è cambiato con la riforma Cartabia.
Cos’è il diritto all’oblio
Il diritto all’oblio si lega al diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali, il quale risulta molto difficile da esercitare ai tempi di Internet, dove tutto ciò che è stato pubblicato risulta facilmente reperibile e quasi impossibile da cancellare.
Il diritto all’oblio è speculare a quello di cronaca, il quale può essere esercitato nella misura in cui mettere al corrente il pubblico su un fatto debba verificarsi in un lasso di tempo circoscritto.
Il diritto all’oblio è regolato dall’art. 17 del GDPR, ovvero dal Regolamento UE n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali, nel quale sono elencati i motivi per i quali si ha diritto alla cancellazione dei propri dati personali senza ingiustificato ritardo.
Quando non può essere invocato
Ai sensi dell’articolo 17 è possibile richiedere la cancellazione dei propri dati personali:
- quando non siano più necessari per le finalità per cui erano stati raccolti o trattati:
- nel caso di revoca del consenso al loro trattamento;
- qualora siano stati utilizzati in modo illecito.
La cancellazione, dunque il diritto all’oblio, non potrà invece essere applicata nelle ipotesi di:
- esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;
- nei casi in cui l’archiviazione avvenga nel pubblico interesse, o nelle ipotesi di ricerca scientifica o storica.
In queste evenienze è sempre necessario l’intervento del garante della privacy o del giudice, il quale valuterà l’esistenza delle condizioni per le quali sia legale cancellare o meno i dati di qualcuno.
Il rapporto con il diritto di cronaca
Come si può ben intuire, molto spesso il diritto all’oblio entra in conflitto con il diritto di cronaca. Quest’ultimo viene considerato legittimo, dalla giurisprudenza, nel caso in cui siano presenti le seguenti 3 condizioni:
- il fatto contribuisca all’utilità sociale dell’informazione;
- i fatti esposti rappresentino una verità oggettiva o anche putativa, ma che derivi da un lavoro di ricerca;
- sia presente una forma “civile” dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, che si limiti al mero scopo informativo.
Con la sentenza del 26 giugno 2018 della Corte europea dei diritti dell’uomo è stato affermato che il diritto all’oblio fa parte del diritto alla tutela della vita privata disciplinato dall’art. 8 CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo), mentre la libertà di espressione viene garantita dall’art. 10 della stessa CEDU.
Cosa fare per esercitare il diritto all’oblio
Per esercitare il proprio diritto all’oblio è possibile chiedere al gestore di un motore di ricerca, che è il titolare del trattamento, la rimozione di tutti i risultati che sono associati al proprio nominativo, quindi di tutte le URL che rinviano ai propri dati.
Nel caso in cui la prima richiesta non dovesse essere accolta, si potrà presentare:
- dapprima un reclamo al Garante Privacy;
- successivamente, fare ricorso all’autorità giudiziaria.
Riforma Cartabia e cancellazione notizie sui procedimenti penali
Un emendamento alla riforma del processo penale, che ha preso il nome di riforma Cartabia, ha introdotto un’importante novità in merito alle notizie riguardanti i procedimenti penali a carico di persone che sono state in seguito dichiarate innocenti.
Nella pratica, la riforma non prevede la loro cancellazione definitiva dai motori di ricerca, bensì la loro deindicizzazione, la quale, nella pratica, avrà lo stesso effetto.
In questo modo potrà essere salvaguardato il diritto all’oblio di tutte quelle persone innocenti che sono state coinvolte in una vicenda giudiziaria e tutelarne anche i dati personali, senza che ci sia una collisione effettiva con il diritto di cronaca.
La riforma, che dovrà essere ancora approvata in via definitiva e che rappresenta un principio di civiltà giuridica, permetterà a tutte le persone che sono state assolte o prosciolte da un’accusa di richiedere a Google la deindicizzazione delle notizie riguardanti il fatto.
Quando scatta la deindicizzazione
La riforma citata, che è stata introdotta con l’emendamento Costa, porterà alla deindicizzazione dei contenuti da Google in seguito a:
- un decreto di archiviazione emesso dal giudice delle indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per infondatezza della notizia di reato;
- una sentenza di non luogo a procedere che è stata emessa all’esito dell’udienza preliminare;
- una sentenza di assoluzione pronunciata al termine del dibattimento penale.
In poche parole, la riforma Cartabia porta il diritto all’oblio a prevalere sul diritto all’informazione e sul diritto di cronaca. A questo proposito, l’onorevole Costa ha ricordato che “la sentenza sarà il titolo per ottenere, senza se e senza ma, che i motori di ricerca effettuino l’immediata dissociazione dei dati personali degli assolti dai risultati di ricerca relativi al procedimento penale”.
A conti fatti, la riforma Cartabia dovrebbe entrare effettivamente in vigore alla fine del 2021, ovvero dopo l’approvazione definitiva in Parlamento e la stesura dei relativi decreti legislativi.
Diritto all’oblio – Domande frequenti
Il diritto all’oblio è regolato dall’articolo 17 del GDPR: ecco quali sono i casi nei quali può essere applicato e quando, invece, non è possibile.
Il diritto alla deindicizzazione è una delle conseguenze della riforma Cartabia: scopri in cosa consiste.