Autocertificazione falsa non è reato
La violazione delle norme contenute nei vari DPCM è stata punita in modo differente a seconda dei casi, ma alcuni giudici penali si sono opposti all’applicazione del reato di falso ideologico nel caso di autocertificazione falsa.
- Nel corso dell’ultimo anno, al fine di fronteggiare l’emergenza coronavirus è stata emanata tutta una serie di DPCM, strumenti che costituiscono fonti secondarie del diritto.
- Ciò significa che, nella pratica, non potrebbero limitare la libertà personale dei singoli.
- Di fronte a questa constatazione, il Gip del Tribunale di Reggio Emilia ha affermato che chi mente sull’autocertificazione non sta commettendo un reato di falso ideologico.
- Come stanno effettivamente le cose? Analizziamo la complessità della questione.
Le sanzioni amministrative applicate
La violazione delle norme che nell’ultimo anno sono state inserite all’interno di DPCM e decreti legge è stata spesso punita con delle sanzioni di tipo amministrativo.
In particolare, sono state applicate delle multe per il mancato rispetto del divieto di circolazione:
- di importo compreso tra i 400 e i 1.000 euro;
- scontate al 30% se pagate entro 5 giorni: per questo frequentemente sono state pagate multe di 280 euro.
Il reato di falsa attestazione
Nel caso di violazioni di maggiore gravità, può scattare una denuncia d’ufficio, oppure si può configurare un reato, come per esempio quello di falsa attestazione a pubblico ufficiale, disciplinato dall’articolo 483 c.p.
Tale reato non si configura in tutti i casi nei quali non si dice il vero: per questo motivo molte volte i giudici hanno assolto le persone che hanno dichiarato il falso nell’autocertificazione. Nella pratica, la falsità deve riguardare fatti già compiuti e non mere intenzioni.
Le intenzioni non vengono incluse nel concetto di falsa attestazione in quanto è sempre possibile cambiare idea: posso dichiarare di uscire per andare a fare una passeggiata, ma magari poi finisco con il fare la spesa. La situazione è ben diversa se si dichiara di andare a fare la spesa, ma in realtà ci si sta recando a casa di amici quando è vietato farlo.
Leggi anche: “Dichiarazione di falsa residenza: cosa si rischia“.
La sentenza del Gip di Reggio Emilia
Il 27 gennaio 2021 il Gip di Reggio Emilia ha assolto due imputati sulla base del fatto che il divieto di spostamenti contenuto nel DPCM in vigore in quel momento fosse in contrasto con la Costituzione.
Nell’articolo 13 della Costituzione è previsto che la libertà personale possa essere limitata soltanto da una decisione:
- presa da un giudice;
- stabilita dalla legge.
I DPCM e i decreti legge non costituiscono dei divieti assoluti alla libertà personale: si tratta di provvedimenti emergenziali emanati al fine di tutelare la salute pubblica. La questione resta tuttora aperta in quanto la Corte Costituzionale non si è ancora espressa in merito.
La sentenza n. 54/2021 del Tribunale di Reggio Emilia ha comunque stabilito che non commette reato di falso ideologico chi dichiara il falso in zona rossa sull’autocertificazione in quanto i DPCM sono fonti secondarie del diritto e non possono limitare la libertà personale. Il giudice ha dunque disapprovato le misure del DPCM in quanto illegittime per violazione della legge.
La compilazione dell’autocertificazione
Le misure contenute nei vari DPCM, in realtà, non limitano la libertà personale, ma quella di circolazione all’interno delle cosiddette zone rosse. Viene sempre concessa ai cittadini la possibilità di muoversi:
- per motivi di lavoro, salute o necessità;
- per raggiungere il proprio domicilio, residenza o abitazione.
Il Gip di Reggio Emilia ha evidenziato che il fatto di dover compilare e sottoscrivere un’autocertificazione per motivare i propri spostamenti sia in contrasto con i principi in vigore in uno Stato di diritto.
La conclusione del giudice è stata pertanto la seguente: “siccome, nella specie, è costituzionalmente illegittima, e va dunque disapplicata, la norma giuridica contenuta nel DPCM che imponeva la compilazione e sottoscrizione dell’autocertificazione, il falso ideologico contenuto in tale atto è, necessariamente, innocuo; dunque, la richiesta di decreto penale non può trovare accoglimento”.
Reati che si possono commettere in pandemia
Una delle violazioni di maggiore gravità che si può commettere durante l’emergenza coronavirus consiste nella violazione della quarantena, per la quale (ai sensi del decreto legge 19/2020, articolo 7) si rischia:
- la reclusione da 3 a 18 mesi;
- un’ammenda da 500 a 5.000 euro.
Tuttavia, potrebbe configurarsi anche il reato di epidemia colposa o dolosa. Il primo è un delitto di evento a forma vincolata, che si perfeziona quando si esce di casa pur sapendo di avere il covid. L’epidemia dolosa si configura quando non si ha la certezza di non avere il covid, ma si accetta comunque il rischio di poter contagiare gli altri.
In altri casi ancora, potrebbe configurarsi il reato di lesioni personali colpose, disciplinato dall’articolo 590 c.p., in quanto parte della giurisprudenza equipara il contagio da covid alla malattia. All’estero, il comportamento scorretto da parte dei positivi al covid è stato fatto rientrare anche tra il reato di lesioni dolose e quello di omicidio doloso.