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Stop pagamento affitto per coronavirus

Le misure riguardanti i contratti di affitto a uso commerciale e abitativo valide nel periodo dell'emergenza coronavirus.

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Redazione deQuo
24 Marzo 2020
stop pagamento affitti coronavirus

Sono tante le misure economiche che sono state introdotte con il decreto Cura Italia: dai lavoratori autonomi alle famiglie, dal piccolo commerciante alle PMI, l’obiettivo globale resta quello di fare in modo che tutti possano ricevere sostegno e supporto da parte dello Stato. 

Un tema del quale si è parlato parecchio riguarda il pagamento del canone d’affitto, in particolare per i commercianti la cui attività è stata interrotta in seguito alle restrizioni legate all’emergenza coronavirus, che hanno contratti di locazione commerciale. 

Vediamo di seguito quali sono le novità più importanti per quel che riguarda il pagamento degli affitti per i contratti di locazione commerciale o abitativa e, più in generale, quelle relative alle sospensioni dei pagamenti previste e alle varie misure economiche.

Stop pagamento affitto per coronavirus?

In base alle norme sull’equo canone, il pagamento del canone di affitto non può essere bloccato, neanche nei casi di grave crisi economica, qual è quella che l’Italia sta affrontando a causa dell’emergenza sanitaria in corso. Le possibilità alle quali si può fare normalmente ricorso sono: il recesso per giusta causa da parte del conduttore o un accordo con il proprietario per la riduzione del canone.

In particolare la riduzione del canone può essere concessa all’inquilino dal proprietario purché ciò risulti da un accordo scritto e registrato. Il proprietario, inoltre, per evitare di pagare le tasse sui canoni non riscossi dovrà provvedere alla registrazione dell’accordo entro 30 giorni. L’atto è esente da bollo e spese di registrazione, come previsto dall’art. 10 del Dl 133/2014.



Per venire incontro alle mutate esigenze di chi paga l’affitto il Governo ha decretato la proroga degli sfratti, sia quelli ad uso abitativo sia quelli per contratti di locazione di tipo commerciale. Le procedure di sfratto vengono così interrotte fino al 30 giugno 2020

Nella pratica, ciò significa che:

  • chi ha già fatto ricorso al Tribunale contro l’inquilino moroso e ha già ottenuto un’ordinanza con la quale viene intimato al debitore il pagamento degli arretrati e lo sgombero dall’immobile affittato, non potrà continuare con l’esecuzione coattiva del provvedimento;
  • ciò non significa che non potrà riottenere la propria casa e i canoni che non sono stati corrisposti dall’inquilino, ma che il tutto slitterà al 1° luglio 2020. 

Il decreto legge relativo al pagamento degli affitti non è stato scritto per chi si ritrova senza stipendio a causa del coronavirus, ma per chi era moroso già da tempo: coloro i quali non potranno pagare l’affitto in questi mesi potranno essere sfrattati in un secondo momento, ovvero alla riapertura dei tribunali. 

Gli affitti a uso commerciale e il credito d’imposta

Il decreto Cura Italia contiene una novità molto importante per i commercianti che pagano l’affitto, ma che sono costretti a rimanere chiusi fino al termine dell’emergenza sanitaria. Si tratta di un bonus chiamato “credito d’imposta per botteghe e negozi”, che si rivolge a tutti i soggetti esercenti attività d’impresa

L’agevolazione viene erogata sotto forma di un credito di imposta equivalente al 60% del costo del canone di locazione, riguardante il mese di marzo 2020 e potrà essere applicato ai negozi e alle botteghe che rientrano nella categoria catastale C/1. Il credito d’imposta potrà essere utilizzato in compensazione in base al contenuto dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Il conduttore, pertanto, potrebbe chiedere in via transattiva la riduzione del 40% del canone per le mensilità di marzo e aprile. L’accordo con cui si stabilisce la riduzione del canone deve essere registrato entro 30 giorni per evitare di pagare le imposte sui canoni non riscossi.

Il bonus non sarà erogato alle attività che sono rimaste aperte in conformità alle disposizioni del dpcm dell’11 marzo 2020, quali i punti vendita di genere alimentari, le farmacie o le parafarmacie. 

Stop pagamenti affitti per coronavirus: cosa succede a chi non riesce a pagare 

La sospensione di diverse attività commerciali ha portato alcune persone all’assenza di liquidità nel mese di marzo, mettendoli nella condizione di avere difficoltà a pagare l’affitto. Cosa succede in questi casi? Ci sono delle misure alle quali si può aver accesso?

La risposta è affermativa: esistono, infatti, il Fondo Morosità Incolpevole, il Fondo Nazionale Sostegno all’accesso alle Abitazioni in locazione e il bonus affitto 2020, destinato alle famiglie con redditi più bassi. 

Tutti i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, gli stagionali del turismo, del settore agricolo, dello spettacolo e i collaboratori del mondo sportivo, potranno fare richiesta di un contributo di 600 euro, previsto per il mese di marzo, che potrebbe essere confermato anche ad aprile con un nuovo decreto. 

Inoltre, anche per le locazioni commerciali è prevista la possibilità di un accordo per la riduzione del canone di locazione.

Come anticipato nelle prime righe, il decreto Cura Italia ha messo in moto misure a sostegno di tutti i lavoratori e le imprese: vediamo di seguito quali sono le forme di tutela previste per i lavoratori in partita IVA, per i lavoratori dipendenti e per le aziende. 

L’art. 1256 c.c. e l’istituto del “factm principis”

Se le misure indicate sopra non siano sufficienti nel caso concreto a coprire le difficoltà economiche del conduttore di immobile ad uso commerciale, e quindi se vi è una situazione di obiettiva impossibilità di adempiere all’obbligazione, si può ricorrere in extremis all’applicazione dell’art. 1256 c.c.

La norma prevede, in generale, la possibilità di sospendere l’adempimento di un’obbligazione contrattuale, come quella di pagamento dei canoni di locazione commerciale, per obiettiva impossibilità dovuta ad un atto dell’autorità pubblica, come il provvedimento che ha disposto la chiusura provvisoria delle attività commerciali per Covid-19.

La giurisprudenza, però, consente l’applicazione di questa disciplina solo in casi limitati e specifici, in cui il debitore deve aver sperimentato tutte le ragionevoli possibilità di adempiere regolarmente. L’esonero dal pagamenti, dunque, non può conseguire ad una mera difficoltà economica ma ad un impedimento obiettivo ed assoluto (Cass. n. 25777/2013).

Si comprende, dunque, come il ricorso all’art. 1256 c.c. sia concepito come rimedio estremo, in cui l’obiettiva impossibilità di adempiere al pagamento dei canoni debba essere provata dal conduttore in caso di contestazioni. E’, dunque, da valutare caso per caso l’effettiva incidenza della crisi economica e la insufficienza dei rimedi proposti sulla possibilità di pagare i canoni.

Quali sono le tutele per i professionisti in partita IVA

Per i mesi di marzo e aprile, sono stati sospesi i versamenti e le ritenute, senza che siano previsti limiti di fatturato, per gli operatori maggiormente colpiti dalla crisi, ovvero per i settori:

  • turistico-alberghiero;
  • termale;
  • trasporto passeggeri;
  • ristorazione e bar;
  • culturale (cinema, teatri);
  • sportivo;
  • istruzione;
  • parchi divertimento;
  • eventi (fiere/convegni);
  • sale giochi e centri scommesse.

Per i contribuenti con un fatturato fino a 2 milioni di euro, sono stati sospesi, a marzo, i versamenti IVA, le ritenute e i contributi. La sospensione dell’IVA sarà valida per tutti, a prescindere dal fatturato, per i contribuenti delle province più colpite, ovvero Piacenza, Lodi, Cremona e Bergamo. 

Le misure a sostegno di tutti i contribuenti 

Tra le altre misure previste, ci sono poi:

  1. la disapplicazione della ritenuta d’acconto per professionisti senza dipendenti per le  fatture di marzo e aprile; 
  2. la sospensione dei termini per la riscossione di cartelle esattoriali, per saldo e stralcio e per rottamazione-ter;
  3. la sospensione dell’invio di nuove cartelle e quella degli atti esecutivi; 
  4. lo slittamento dal 7 al 31 marzo 2020 del termine entro il quale i sostituti d’imposta devono trasmettere la certificazione unica; 
  5. lo slittamento dal 28 al 31 marzo 2020 della scadenza entro la quale gli enti terzi, come banche, assicurazioni o amministratori di condominio, devono inviare i dati utili per la dichiarazione dei redditi precompilata; 
  6. lo slittamento dell’invio del 730 precompilato dal 23 luglio al 30 settembre 2020

Licenziamento e disoccupazione: come funzionerà

Le procedure di licenziamento sono state sospese per due mesi e nessun lavoratore potrà rischiare di perdere il proprio posto di lavoro, neanche per giustificato motivo oggettivo. A tal proposito sono stati stanziati ben 10,2 miliardi di euro al fine di garantire occupazioni e redditi e potenziare gli ammortizzatori sociali, quali la cassa integrazione, la cassa integrazione in deroga e il fondo di integrazione salariale. Queste misure saranno valide in tutta Italia e per tutti i settori produttivi.

I datori di lavoro costretti a sospendere o ridurre le attività a causa dell’emergenza epidemiologica potranno avere accesso alla cassa integrazione, alla cassa integrazione in deroga e al Fondo Integrazione salariale per un periodo massimo di 9 settimane.      

Per quanto riguarda, invece, la disoccupazione NASpi o DIS-COLL, il periodo previsto per presentare la domanda è stato esteso da 68 a 128 giorni: l’estensione è valida per le disoccupazioni che saranno comprese dal 1° al 31 gennaio 2020.                                                                                                                                 

Le misure a sostegno delle aziende

Le PMI, i professionisti e le ditte individuali potranno beneficiare di una moratoria sui prestiti per un volume totale di 220 miliardi di euro. Le linee di credito in conto corrente saranno in stand-by fino al 30 settembre, così come i finanziamenti per anticipi su titoli di credito e le scadenze di prestiti a breve termine. 

Il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI sarà ampliato, con 1,5 miliardi in più: l’obiettivo è quello di fare in modo che il finanziamento alle imprese possa garantire fino a più di 100 miliardi nel complesso.  

Coronavirus e pagamenti – Domande frequenti

A marzo posso non pagare l’affitto per l’emergenza coronavirus?

Il decreto legge non ha previsto la sospensione degli affitti, che devono continuare a essere pagati, ma la proroga degli sfratti: gli inquilini morosi che hanno un contratto di affitto ad uso commerciale o abitativo non potranno essere fatti sloggiare fino al 30 giugno 2020. In un secondo momento, dovranno pagare i canoni di affitto arretrati e potranno essere sfrattati dal proprietario di casa. 

Sono un commerciante che paga l’affitto, ma il mio negozio è chiuso. Ho diritto a qualche bonus?

I commercianti dovranno continuare a pagare il canone di affitto, ma avranno diritto, per tutto il mese di marzo, a un credito di imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione. La misura sarà applicata agli immobili in affitto che rientrano nella categoria catastale C/1, ma si ipotizza già di estenderla anche al mese di aprile attraverso un’estensione ad altre categorie catastali. 

Sono un lavoratore dipendente e la mia azienda è stata costretta a chiudere. Posso essere licenziato?

No, in quanto lo Stato ha introdotto la sospensione dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, in modo tale da tutelare tutti i lavoratori in questo periodo di crisi estrema. I lavoratori saranno messi in ferie o congedo, oppure saranno pagati con le misure derivanti dai vari ammortizzatori sociali messi a sostegno delle aziende. 

Non riesco a pagare l’affitto in quanto sono in difficoltà economica a causa del coronavirus. Cosa posso fare?

In Italia esistono diverse misure a sostegno delle famiglie in condizioni di difficoltà economica, tra le quali rientrano il Fondo Morosità Incolpevole, il Fondo Nazionale Sostegno all’accesso alle Abitazioni in locazione e il bonus affitto 2020. C’è anche la possibilità di verificare la disponibilità di bandi per fare richiesta di un alloggio popolare nel proprio comune di residenza, che prevede canoni di affitto a prezzi davvero irrisori. 

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