Partita IVA e lavoro dipendente tra tassazione e contributi
Chi ha un lavoro da dipendente, può aprire la partita IVA? Ecco cosa prevede la normativa in vigore in Italia, come funziona la tassazione e che differenza c'è tra settore pubblico e privato.
- Partita IVA e lavoro dipendente si possono svolgere contemporaneamente? In genere si ha la tendenza a pensare che si tratti di due attività non conciliabili, in relazione alla loro differente natura.
- In queste righe approfondiremo l’argomento, analizzando la questione dal punto di vista fiscale al fine di comprendere se (e quando) i lavoratori dipendenti possano svolgere anche delle attività di lavoro autonomo.
Lavoro autonomo e dipendente contemporaneamente: le variabili da considerare
In linea generale, avere un contratto da dipendente e aprire, al contempo, la partita IVA è possibile, ma ci sono delle condizioni da considerare.
In particolare:
- ci potrebbero essere eventuali obblighi di comunicazione al proprio datore di lavoro;
- la situazione è ben diversa a seconda che si lavori nel settore pubblico o in quello privato.
Ci sono alcuni casi in cui è comunque possibile svolgere un’attività di lavoro autonomo senza dover necessariamente aprire la partita IVA. Vi rientrano, per esempio:
- le prestazioni professionali non abituali, ovvero quelle di tipo intellettuale che non sono continuative nel tempo;
- quelle nelle quali si percepiscono le Royalties relative al diritto di autore.
Cos’è il patto di non concorrenza
Fatta eccezione per i casi appena citati, nell’ipotesi in cui si volesse svolgere una seconda attività al di fuori dal proprio lavoro da dipendente, sarà necessario aprire la partita IVA.
A questo punto se è vero che partita IVA e lavoro dipendente possono coesistere, dall’altro lato si dovrà rispettare il patto di fedeltà all’azienda.
Nello specifico, si tratta di un vero e proprio patto di non concorrenza, in base al quale il lavoratore dipendente non può svolgere attività professionali (in proprio o per conto di terzi) che possano risultare concorrenziali nei confronti del proprio datore di lavoro.
In genere, il patto di non concorrenza viene inserito all’interno del contratto di lavoro: nel caso di mancato rispetto del patto, l’azienda potrà licenziare il lavoratore pagando un’indennità. A volte, il patto di non concorrenza dovrà essere rispettato anche nei 3 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
Obbligo di riservatezza
In aggiunta, il lavoratore dipendente dovrà rispettare un obbligo di riservatezza delle informazioni aziendali e non potrà divulgare a terzi le informazioni ricevute durante il lavoro da dipendente.
Ai sensi dell’articolo 2105 del Codice civile “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.
In caso di mancato rispetto del patto di fedeltà, oltre al licenziamento per giusta causa il lavoratore rischia di dover pagare un risarcimento per l’eventuale danno provocato al datore di lavoro.
Quando è necessario comunicare l’apertura di una partita IVA
I lavoratori dipendenti del settore privato non hanno alcun obbligo di comunicare l’apertura della partita IVA al proprio datore di lavoro, a prescindere che l’attività di tipo autonomo sia professionale o imprenditoriale.
Tuttavia, è sempre consigliabile informare il proprio datore di lavoro in modo tale da essere totalmente trasparenti e tutelarsi rispetto a possibili conseguenze future – le quali non ci dovrebbero essere se si rispetta il patto di non concorrenza.
Diverso è, invece, il caso dei lavoratori impiegati nel settore pubblico, per i quali è in vigore l’obbligo di esclusività: in pratica, chi lavora nella Pubblica Amministrazione non potrà avere anche un lavoro autonomo in quanto deve svolgere il proprio lavoro da dipendente in modo esclusivo.
Eccezioni
Non rientrano nell’obbligo di esclusività, e possono dunque avere anche un’attività da autonomi:
- i docenti e gli insegnanti pubblici;
- il personale che è stato assunto con un contratto part-time e la cui prestazione lavorativa non sia superiore al 50% (ovvero che svolga al massimo 18 ore di servizio);
- tutti i lavoratori assunti da aziende a partecipazioni pubbliche, per le quali sono valide tutte le regole in vigore per le aziende private.
Dipendente pubblico e partita IVA
Nei casi citati, ovvero le eccezioni che permettono ai dipendenti pubblici di aprire la partita IVA, è necessario rispettare alcune regole, ovvero:
- bisognerà verificare che non ci sia un conflitto di interessi con l’attività autonoma e la funziona pubblica da dipendente dello Stato;
- di conseguenza, il proprio lavoro da autonomo non dovrà recare pregiudizio a quello da dipendente;
- l’attività in partita IVA si dovrà svolgere fuori dall’orario di lavoro.
Nella pratica, sarà necessario essere in possesso di un’autorizzazione per poter lavorare come autonomi, anche nell’ipotesi in cui si tratti di prestazioni occasionali.
Tassazione
I soggetti che svolgono, contemporaneamente, sia un lavoro da dipendenti sia uno da autonomi avranno due redditi distinti. Tuttavia, ci sono delle condizioni da rispettare dal punto di vista fiscale.
Per esempio, nel caso in cui si aprisse la partita IVA aderendo al regime forfettario, i redditi da lavoro dipendente percepiti l’anno precedente non dovranno avere una RAL superiore ai 30.000 euro.
Nell’ipotesi in cui, invece, si decidesse di aprire la partita IVA con il regime ordinario non ci saranno limiti. Il calcolo del reddito derivante dal regime ordinario deriva dalla differenza tra i ricavi imponibili e i costi deducibili e prevede l’applicazione dell’IVA e delle ritenute d’acconto. In questo caso, il professionista non dovrà presentare il 730, ma il modello Redditi.