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Obiezione di coscienza: cos’è, come funziona, esempi

Quali sono le motivazioni alla base dell'obiezione di coscienza e le sue ripercussioni sull'aborto.

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Redazione deQuo
22 Luglio 2020
obiezione di coscienza

Cos’è l’obiezione di coscienza

Obiezione di coscienza è un’espressione utilizzata per indicare la possibilità di non ottemperare a un dovere che viene imposto dall’ordinamento giuridico perché contrario alle convinzioni di una persona.

In genere tale rifiuto è legittimato da motivazioni di carattere etico, morale o religioso: viene tutelata dal punto di vista giuridico, garantendo in questo modo la libertà di autodeterminazione del singolo che non corrisponde alla mera disobbedienza a una legge.

Quali sono i settori nei quali l’obiezione di coscienza trova applicazione in Italia? Esaminiamo come funziona nel nostro ordinamento giuridico, per esempio nel contesto medico-ospedaliero nel quale è presente un gran numero di obiettori di coscienza che si oppongono alla pratica dell’aborto.

Come funziona l’obiezione di coscienza

Gli obiettori di coscienza non mettono in discussione l’autorità dalla quale deriva una norma, ma il contenuto della norma in sé in quanto risulta in contrasto con il loro sistema di valori e convinzioni.

Si tratta di un istituto contemplato dalla legge e che deve essere esplicitato da parte di chi lo pratica, pena il rischio di incorrere in sanzioni. Tale scelta deve rispettare i limiti stabiliti dalla legge che servono a fare in modo che l’obiettore non ne abusi perpetrando comportamenti che possono rivelarsi dannosi per altri soggetti.

L’obiezione di coscienza può configurarsi come:

  • diritto costituzionalmente tutelato, qualora sia rivolta a un dovere giuridico incondizionato, come per esempio quello di prestare il servizio militare obbligatorio: un obiettore pacifista e antimilitarista potrebbe opporsi a tale obbligo perché contrastante con la sua ideologia contraria all’uccisione di altri esseri umani;
  • una semplice opzione nel caso in cui sia rivolta verso un’obbligazione di carattere contrattuale.

Per esempio, per i testimoni di Geova la decisione di svolgere il servizio civile è di tipo personale e non religioso, purché venga svolta per enti neutri dal punto di vista politico-militare e religioso.

L’obiezione di coscienza in Italia

In Italia, l’obiezione di coscienza fu riconosciuta per la prima volta a livello legislativo con la legge n 772 del 15 dicembre 1972, la quale portò all’introduzione del beneficio dell’obiezione contro il servizio militare di leva per ragioni di tipo morale, religioso o filosofico.

Venne di fatto data la possibilità di rifiutare il servizio militare perché contrari all’utilizzo delle armi, sostituendolo con un servizio non armato. Prima di allora tutti gli obiettori di coscienza che non ottemperavano al servizio militare obbligatorio:

  1. venivano considerati dei disertori;
  2. in quanto tali venivano rinchiusi nelle carceri militari o, nei casi peggiori, negli ospedali psichiatrici militari;
  3. erano destinati a perdere la maggior parte dei loro diritti civili.

La legge n. 772 presentava comunque alcune limitazioni che furono del tutto superato con una successiva legge, ovvero la n. 230 dell’8 luglio del 1998, con la quale:

  • l’obiezione di coscienza ottenne il pieno riconoscimento giuridico;
  • ai giovani fu concesso il diritto di scegliere se difendere la Patria con il servizio militare oppure con il servizio sostitutivo civile.
obiezione coscienza italia

La legge 194 del 1978

Ci sono altri settori della società nei quali la presenza degli obiettori di coscienza si fa parecchio sentire, come per esempio quello delle sperimentazioni sugli animali, ma ce n’è uno che in Italia è stato oggetto di numerosi dibattiti e che ancora oggi scuote l’opinione pubblica: la presenza di medici obiettori di coscienza che si rifiutano di praticare l’aborto.

Tale forma di opposizione viene praticata anche dai farmacisti che non vendono prodotti anticoncezionali, quali il profilattico o la pillola. Nel caso dei medici, nel momento in cui avviene il rifiuto di praticare a una donna l’interruzione di gravidanza, non ci sono conseguenze né dal punto di vista civile né dal punto di vista penale.

Ai sensi dell’articolo 9 della Legge 194, l’obiezione dovrà essere comunicata preventivamente dal medico con apposita dichiarazione: in questo modo il personale sanitario avrà il diritto di non partecipare agli interventi di interruzione di gravidanza.

Il medico contrario all’aborto non potrà dunque:

  • essere radiato dall’albo professionale;
  • essere licenziato;
  • la donna che subisce il rifiuto non avrà il diritto di chiedere il risarcimento del danno biologico.

Quando l’obiezione di coscienza decade

Abbiamo detto che l’obiezione di coscienza è contemplata nella legge n. 194 del 1978, ovvero la legge che ha legalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza, considerata un omicidio da parte del medico obiettore che risulta pertanto legittimato a non praticare l’aborto.

L’unico caso nel quale un medico obiettore deve praticare un’interruzione di gravidanza nonostante sia contraria alle sue convinzioni è quello nel quale il mancato intervento provocherebbe il pericolo di vita per la donna.

Facciamo un esempio per chiarire meglio la questione. Supponiamo che al Pronto Soccorso arrivi una donna con una grave emorragia in corso provocata da un aborto clandestino: il professionista sanitario non può invocare l’obiezione di coscienza ma è tenuto a portare a termine l’aborto in quanto tale operazione risulta indispensabile a salvare la vita alla donna.

Il Sistema Sanitario Nazionale ha, inoltre, il compito di assicurare che nelle strutture ospedaliere pubbliche possa avvenire l’IVG (Interruzione Volontaria di gravidanza). Nella pratica ciò significa che nel caso in cui in un determinato ospedale ci fossero soltanto medici obiettori di coscienza, si dovrà intervenire con i dovuti trasferimenti del personale in modo tale da poter assicurare il servizio.

obiezione coscienza aborto

Il medico obiettore di coscienza ha il compito di assistere la paziente nella fase che precede e succede l’intervento con il quale viene praticato l’aborto. Questo punto è stato ribadito dalla sentenza n. 14979 della Corte di Cassazione del 2 aprile 2013 secondo la quale nel caso in cui il medico dovesse rifiutarsi di agire nella fase precedente e successiva all’aborto, commetterebbe il delitto di rifiuto di atti d’ufficio, per il quale sono previste delle sanzioni penali.

L’obiezione di coscienza relativa all’IVG è garantita nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, ma non è invece contemplata in:

  • Svezia;
  • Finlandia;
  • Bulgaria;
  • Repubblica Ceca.

L’obiezione di coscienza agisce, in poche parole, nei casi in cui gli obblighi derivanti dalla legge siano contrari alle convinzioni di una persona, alla quale permette di agire:

  1. nel rispetto del principio della libertà di coscienza;
  2. garantendogli una libertà di opinione che possa essere anche coerente con le sue azioni.

La legge n. 40 del 2004

Un altra legge nella quale viene data la possibilità a chi opera nel settore medico-sanitario di fare all’appello all’obiezione di coscienza è la n. 40 del 2004, che regola le “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.

Nell’articolo 16 di tale legge si legge infatti che:

  1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge al direttore dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.
  2. L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.
  3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall’assistenza antecedente e conseguente l’intervento”.

Obiezione sulla sperimentazione animale

Era il 1989 quando i primi medici italiani si dichiararono obiettori di coscienza contrari alle sperimentazioni sugli animali. Nel corso degli anni le richieste dei medici furono considerate legittime.

Da questa vicenda si diffuse l’idea della necessità di una legge che sostenesse l’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, che divenne realtà con l’approvazione della legge n. 413 del 12 ottobre 1993.

In Italia, tutti gli enti che svolgono sperimentazioni sugli animali devono dare possibilità ai medici di esercitare l’obiezione di coscienza, senza che tale scelta possa avere ripercussioni negative dal punto di vista professionale o legale.

Obiezione sulle Disposizioni anticipate di trattamento

La legge del 22 dicembre 2017, nota come legge sul biotestamento, prevede che qualora le DAT (Disposizioni anticipate di trattamento) siano contrarie alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali, il medico possa rifiutarsi di rispettare la volontà espressa dal paziente.

Ogni azienda sanitaria pubblica o privata deve fare in modo che nella propria struttura ci sia una presenza adeguata di medici non obiettori di coscienza, che possano garantire l’attuazione dei principi della legge sul biotestamento.

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