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Azione di disconoscimento paternità del figlio

Cos'è il disconoscimento di paternità, chi può esercitarlo e quali sono i termini previsti dalla legge.

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Redazione deQuo
18 Giugno 2020
disconoscimento paternità

Cos’è il disconoscimento della paternità

Se da un lato troviamo il riconoscimento di paternità dei figli nati fuori dal matrimonio, la legge prevede anche l’esistenza del disconoscimento di paternità. Si tratta di un’azione con la quale si supera la condizione di presunzione di paternità e si accerta, da un punto di vista giuridico, che il padre del figlio di una determinata donna non è il marito.

In altri termini, con il disconoscimento di paternità viene sancito legalmente che il figlio è stato generato da un altro uomo, che ne rappresenta dunque il padre biologico: quest’ultimo potrà decidere di riconoscere il proprio figlio attraverso una dichiarazione giudiziale di paternità.

Il presupposto dell’azione di disconoscimento è in pratica l’adulterio: con il disconoscimento viene confermato quindi che tra un presunto padre e un presunto figlio non esiste nella pratica alcun legame biologico.

In questa guida sarà analizzata l’azione di disconoscimento, disciplinata dall’articolo 243 del Codice Civile, e sarà presentata anche la differenza rispetto alla contestazione dello stato di figlio.

L’articolo 243 del Codice Civile

L’articolo 243 del Codice Civile è stato riformato dal decreto legislativo numero 154 del 2013: il disconoscimento di paternità è oggi disciplinato dagli articoli 243-bis e seguenti del Codice Civile.

Prima della riforma, nell’articolo 235 del Codice Civile venivano individuate le condizioni in cui era ammessa l’azione di disconoscimento della paternità del figlio concepito durante il matrimonio. In particolare, l’azione poteva avvenire:

  1. qualora i due coniugi non avessero coabitato nel periodo compreso fra il 300° e il 180° giorno precedente il parto;
  2. nell’ipotesi in cui il marito, nel periodo indicato, fosse affetto da impotenza;
  3. nel caso in cui si dimostrasse che la moglie avesse commesso un adulterio, nascondendo le conseguenze, ovvero una gravidanza, al marito.

La riforma del 2013 ha stabilito che le situazioni sopra riportate non sono sufficienti per esperire un’azione di disconoscimento della paternità: per vedersi riconoscere la propria domanda di disconoscimento, l’attore deve essere infatti in grado di dimostrare in tutti in modi che non sussiste alcun rapporto di filiazione fra il figlio e il presunto padre.

Chi può esercitare il disconoscimento della paternità

Ci sono soltanto alcuni soggetti che possono proporre legittimamente l’azione di disconoscimento della paternità. In particolare, si tratta:

  1. del marito;
  2. della madre;
  3. del figlio maggiorenne;
  4. del curatore speciale scelto dal giudice con istanza di nomina che può agire per conto del figlio minore che ha compiuto 14 anni, o del figlio minore, su istanza del Pubblico Ministero o dell’altro genitore;
  5. i discendenti o gli ascendenti del presunto padre o della madre nel caso in cui questi fossero morti e non fosse decorso il termine per esercitare l’azione;
  6. il coniuge o i discendenti del figlio morto prima di promuovere l’azione.
cos'è il disconoscimento della paternità

Il padre, la madre e il figlio rappresentano i litisconsorti necessari affinché si possa procedere con l’azione di disconoscimento della paternità. Per quanto riguarda la presenza del curatore nominato dal giudice, quest’ultima si rende necessaria:

  • in presenza di un minore, una parte interdetta, un minore emancipato, un maggiorenne inabilitato;
  • nei casi in cui il presunto padre, la madre o il figlio fossero morti.

I termini

I termini per esercitare l’azione di disconoscimento della paternità variano in relazione al soggetto che la propone. In particolare:

  • nel caso della madre, è possibile farlo entro 6 mesi a partire o dalla nascita del figlio o dal giorno in cui è venuta a conoscenza che il marito fosse impotente nel momento in cui si è verificato il concepimento. L’azione ha una prescrizione di 5 anni dalla nascita del figlio;
  • nel caso del padre, ovvero il marito, il disconoscimento può accadere entro 1 anno che può decorrere a partire da momenti differenti.

Nello specifico, i termini dell’azione da parte del marito, possono partire:

  • dalla nascita del figlio;
  • dal giorno in cui è venuto a conoscenza della propria impotenza di generare;
  • da quando ha scoperto l’adulterio commesso dalla moglie nel periodo del concepimento;
  • dal giorno di ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o nella residenza familiare, qualora si trovasse lontano il giorno della nascita;
  • dal giorno in cui è venuto a sapere della nascita del figlio.

Anche in questo caso, sarà valido un termine di prescrizione pari a 5 anni.

termini disconoscimento paternità

Il termine previsto per i discendenti o gli ascendenti della madre o del marito decorre a partire:

  • dalla morte del presunto padre o della madre;
  • dalla nascita del figlio in caso di figlio postumo;
  • dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.

L’azione è invece imprescrittibile per il figlio, che può esercitarla in qualsiasi momento.

Quando il termine resta sospeso

Esistono delle casistiche in cui il termine per promuovere l’azione di disconoscimento della paternità resta in sospeso. Si tratta nei casi in cui:

  • la persona che ha intenzione di agire si trova in uno stato di interdizione a causa di un’infermità mentale;
  • la persona che vorrebbe promuovere l’azione versa in una condizione di abituale grave infermità mentale che le rende impossibile provvedere ai propri interessi.

Il termine riprende il suo naturale corso, quindi viene interrotta la sua sospensione, nell’ipotesi in cui lo stato di interdizione o la condizione di abituale grave infermità mentale dovessero venire meno. In caso contrario, l’azione potrà essere proposta:

  • dal tutore legale;
  • dal curatore speciale autorizzato dal giudice.

La prova del difetto di paternità

La legge prevede che la persona che decide di agire con un’azione per il riconoscimento della paternità debba dimostrare l’inesistenza di un rapporto di filiazione fra il presunto padre e il figlio.

A questo proposito, la sola dichiarazione della madre non è sufficiente per escludere la paternità del marito. In genere la prova consiste infatti:

  • nella presenza di testimoni;
  • dall’esame del DNA, che rappresenta in assoluto il metodo più accurato per identificare la paternità reale del figlio.

Gli effetti del disconoscimento

Una volta provato che il marito non è effettivamente il padre biologico di quello che riteneva essere suo figlio, il quale è stato concepito in seguito a un adulterio da parte della madre, si applicano alcune conseguenze.

Le principali consistono nel fatto che:

  • viene eliminato lo stato di figlio;
  • il marito non avrà più responsabilità genitoriale nei suoi confronti, quindi non dovrà tenere fede ai doveri di assistenza, istruzione ed educazione;
  • il figlio perderà anche il cognome del padre.

Differenza fra disconoscimento paternità e contestazione dello stato di figlio

L’azione di contestazione dello stato di figlio è legittimata dall’articolo 248 del Codice Civile. In particolare, si tratta di un’azione che può essere esercitata dal soggetto che all’atto di nascita del figlio ne risultai il genitore, ma anche da qualsiasi soggetto che possa avere un interesse.

Nell’articolo si legge inoltre che:

L’azione è imprescrittibile.
Quando l’azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell’articolo precedente.
Nel giudizio devono essere
chiamati entrambi i genitori.
Si applicano il sesto comma dell’articolo 244 e il secondo comma dell’articolo 245
”.

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