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Condanna penale erronea e ingiusta: cosa fare

Come comportarsi se si rimane vittime di una sentenza ingiusta.

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Redazione deQuo
11 Marzo 2020
difendersi da querela ingiusta

Le condanne ingiuste purtroppo esistono in quanto anche la Giustizia sbaglia: così succede che a causa di un errore giudiziario una persona innocente possa subire una ingiusta detenzione e trascorrere anni in carcere.

È possibile ottenere un risarcimento per gli errori giudiziari? Qual è la procedura di revisione della condanna?

Posto che i soldi non permettono di poter tornare indietro e restituire alla persona innocente il tempo perso in carcere o il danno morale subito, è possibile la riapertura di un caso giudiziario nel quale si era stati condannati in via definitiva: vediamo quando è prevista dalla Legge e come agire per essere risarciti.

Cos’è l’errore giudiziario

Per errore giudiziario si intende una sentenza penale ingiusta nei confronti di una persona innocente che viene condannata a scontare una pena.

È possibile ottenere il risarcimento del danno per un errore giudiziario a prescindere dal fatto che la pena sia poi stata effettivamente scontata:

  • quella che viene presa in considerazione è la sentenza definitiva di condanna, anche nei casi in cui poi non si trascorre neanche un giorno in carcere;
  • in questo caso si attiverà la procedura di riparazione dell’errore giudiziario.  

Cosa si intende per ingiusta detenzione

L’ingiusta detenzione corrisponde, invece, a un periodo nel quale è stata subita una restrizione della libertà individuale, per esempio con gli arresti domiciliari o la custodia cautelare carceraria, pur non avendo ancora ricevuto una condanna definitiva.

Se la persona in questione, al termine del processo, viene ritenuta innocente, avrà poi diritto a ricevere un risarcimento per il danno, ingiustamente, subito.

sentenza ingiusta

Cos’è la revisione della condanna

L’errore giudiziario viene definito tale solo in seguito a una successiva sentenza che stabilisca l’erroneità della condanna: in questi casi viene avviata la procedura di revisione della sentenza di condanna, che è regolata dall’articolo 629 del Codice di Procedura Penale e che costituisce il presupposto per ottenere il risarcimento.

Nell’articolo si legge che “È ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell’articolo 444, comma 2, o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o è estinta”.

La revisione serve a ottenere l’assoluzione per la sentenza nella quale si era stati accusati erroneamente, ma è possibile soltanto in alcuni casi specifici, disciplinati dall’articolo 630 del Codice di Procedura Penale.

Nello specifico, si tratta dei casi in cui:

  1. i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordinario o di un giudice speciale;
  2. la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata, che abbia deciso una questione pregiudiziale;
  3. se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto;
  4. se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.

Condanna penale erronea: come funziona la procedura di revisione

La procedura di revisione consiste in una richiesta che può essere fatta in autonomia, dal proprio coniuge, dagli eredi, o chiedendo l’intervento di un avvocato (un procuratore speciale), entro due anni di tempo dalla condanna.

Al suo interno devono essere contenute:

  • le motivazioni per le quali si richiede la revisione della condanna;
  • le prove e le testimonianze a supporto della richiesta;
  • eventuali allegati, quali le sentenze che sono in contrasto con quella di condanna;
  • si ricorda che le richiesta deve essere inviata alla Cancelleria della Corte di appello.

La Corte di appello alla quale rivolgersi non è quella del proprio distretto, ma una specifica corte stabilita dalla legge per fare in modo che non si verifichino brogli nella revisione. L’istanza di revisione può essere presentata anche dopo la morte del condannato.

La Corte di appello potrà, nel corso di un’udienza fissata ah hoc:

  1. confermare la sentenza di condanna: in questo caso si sarà tenuti al pagamento delle spese processuali;
  2. decidere di revisionarla e di revocare la sentenza di condanna, prevedendo così la restituzione delle somme pagate per tutte le pene pecuniarie, le misure di sicurezza patrimoniali, le spese processuali e quelle relative al mantenimento in carcere, oltre che l’eventuale risarcimento del danno subito dalla parte lesa.
sentenza erronea

Errori giudiziari: risarcimento

La riparazione dell’errore giudiziario è disciplinata dall’articolo 643 del Codice di Procedura Penale, il quale stabilisce che:

  • chi è stato prosciolto in sede di revisione, se non ha dato causa per dolo o colpa grave all’errore giudiziario, ha diritto a una riparazione commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna;
  • la riparazione si attua mediante pagamento di una somma di denaro ovvero, tenuto conto delle condizioni dell’avente diritto e della natura del danno, mediante la costituzione di una rendita vitalizia. L’avente diritto, su sua domanda, può essere accolto in un istituto, a spese dello Stato.

Si ha diritto al risarcimento da errore giudiziario solo nel caso in cui, in seguito al procedimento di revisione, è stato provato che l’errore dei giudici non è stato dovuto a una propria mancanza, come per esempio una menzogna nella deposizione o un caso nei quali ci si è autoincolpati per difendere qualcun altro.

Come comportarsi se si rimane vittime di una sentenza ingiusta

Un caso concreto potrebbe essere utile per comprendere meglio cosa fare nel caso in cui si dovesse essere vittime di errore giudiziario.

Una persona viene condannata a 2 mesi di reclusione e al pagamento di varie spese in una sentenza di primo grado per appropriazione indebita poiché incolpato da un ex inquilino che non ha mai pagato l’affitto. Come ritorsione per averlo costretto ad andarsene da casa, l’inquilino ha sporto denuncia.

Il proprietario di casa non ha rubato mai nulla a nessuno: in questo caso ci ha solo rimesso 2.000 euro di affitto, oltre alle spese per l’avvocato, e ci ha guadagnato una condanna ingiusta. Durante il processo sia i testimoni dell’accusa sia i testimoni della difesa hanno fatto delle dichiarazioni ben precise:

  • uno dei testimoni dell’accusa ha detto di “non ricordare di aver visto l’uomo dentro l’appartamento affittato al suo inquilino a commettere il furto, né di averlo visto al primo piano dove si trova l’appartamento con le cose rubate”;
  • uno dei testimoni della difesa ha invece dichiarato chiaramente che l’uomo non è mai salito al primo piano per rubare gli oggetti di cui all’accusa e non possedeva alcuna copia delle chiavi che gli avrebbe eventualmente permesso di entrare nell’appartamento e commettere il furto.

Queste testimonianze sono state fornite durante il processo, che è stato anche interamente trascritto, e consegnate dal Tribunale tramite l’avvocato dell’uomo. Nella sentenza invece, citando le motivazioni che lo hanno portato alla condanna:

  1. il giudice ha affermato che i testimoni avevano detto esattamente il contrario di quello che hanno effettivamente detto e che è stato trascritto;
  2. secondo il giudice il testimone dell’accusa “ricordava perfettamente di aver trovato l’uomo nell’appartamento a rubare gli oggetti in questione” e il testimone della difesa “non ricordava se l’uomo fosse salito nell’appartamento a rubare gli oggetti oppure no”.

Come ci si dovrebbe comportare in questo caso? Esiste la possibilità di denunciare su giornali e TV a livello nazionale il comportamento di questo giudice, o di denunciarlo al Consiglio Superiore della Magistratura e farlo addirittura radiare in quanto scorretto e possibilmente corrotto?

L’errore in cui è incorso il giudice sarà valutato nel giudizio di appello e con una buona difesa, se vi è stato effettivamente un errore nella valutazione delle prove, si avranno buone possibilità di ottenere un’assoluzione.

In questo caso, sarebbe consigliabile attendere l’esito del giudizio di appello:

  • in caso di assoluzione, se si ritiene di aver subito un danno ingiusto, si potrà agire contro lo Stato per far valere la responsabilità civile del magistrato;
  • in questo modo, si potrà ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa dell’errore giudiziario dovuto a negligenza inescusabile del magistrato.

Errore giudiziario – Domande frequenti

È possibile far riaprire un caso giudiziario chiuso?

Sì, nell’ipotesi di errore giudiziario commesso per una valutazione erronea da parte del Giudice è possibile porre rimedio attraverso una revoca della sentenza di condanna, seppur definitiva.

In caso di errore giudiziario, si ha sempre diritto al risarcimento?

No, anche se la sentenza di condanna è stata ribaltata dalla sentenza di revisione, il diritto al risarcimento scatta solo in alcuni casi disciplinati dall’articolo 643 del Codice di Procedura Penale, come per esempio nel caso in cui sia stata fatta falsa testimonianza o qualora fossero state scoperte nuove prove grazie alle quali si potrà essere scagionati.  

Errore giudiziario e ingiusta detenzione funzionano allo stesso modo?

No, in quanto sebbene in entrambi i casi si possa avere accesso al risarcimento per il danno subito, nel caso dell’errore giudiziario si fa riferimento alla sentenza di condanna definitiva, mentre nell’ingiusta detenzione si è costretti a trascorrere del tempo in carcere o agli arresti domiciliari anche se non si è stati ancora condannati.

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