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Assegno divorzio ridotto: come funziona

La legge prevede dei casi in cui si può verificare la riduzione o la definitiva cancellazione dell'assegno divorzile: ecco come funzione e quali sono i pareri della giurisprudenza più recente.

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Redazione deQuo
25 Febbraio 2021
riduzione assegno divorzile

Nell’ipotesi di divorzio si procede con la quantificazione di un assegno divorzile: ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 898 del 1° dicembre 1970, chi lo riceve ha il dovere di cercare un’occupazione. 

I principi alla base dell’erogazione dell’assegno, ovvero l’autodeterminazione e l’autoresponsabilità da parte dell’ex coniuge, presuppongono che quest’ultimo abbia un comportamento responsabile e non gravi sul coniuge più abbiente in modo volontario

A questo proposito, ecco quali sono i casi nei quali si può subire la riduzione dell’assegno divorzile

L’ordinanza n. 3661/2020 della Cassazione

Per comprendere al meglio quali siano i criteri in base al quale si verifica la riduzione dell’assegno divorzile, partiamo dall’analisi di un caso specifico, ovvero l’ordinanza n. 3361 del 2020 della Corte di Cassazione

Una donna sposata lavorava presso una casa editrice e frequentava al contempo un corso di laurea in lettere. Alla nascita del primo figlio, decise di abbandonare il lavoro e gli studi per occuparsi interamente della prole, mentre il marito proseguiva con la sua carriera da dirigente. 

Al momento del divorzio, l’uomo era andato in pensione, mentre la donna aveva ricevuto l’eredità di entrambi i genitori, ormai deceduti. Le viene così riconosciuto un assegno divorzile di 4.000 euro, che in appello viene ridotto a 1.500 euro in considerazione della nuova condizione economica. La donna decide dunque di fare ricorso in Cassazione

riduzione assegno divorzile

L’esito del ricorso

La ricorrente contesta i parametri adottati in fase di giudizio che avevano portato a una notevole riduzione del suo assegno divorzile. In particolare, a suo avviso era errata la valutazione in base alla quale l’assegno era stato ridotto perché lei non si era impegnata nella ricerca di un’occupazione. 

La Cassazione ha respinto il suo ricorso per diversi motivi. In primo luogo, perché la recente giurisprudenza sulla quantificazione dell’assegno divorzile non tiene più conto del fatto che debba essere mantenuto lo stesso tenore di vita che si aveva durante il matrimonio

Deve essere verificato che l’inadeguatezza dei mezzi del soggetto richiedente derivi anche dall’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive: l’assegno divorzile dovrà comunque garantire un reddito adeguato.

In merito alla ricerca del lavoro, la Corte ha giudicato l’atteggiamento della donna dopo il divorzio “deresponsabilizzante e attendista, di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale”. In altri termini, la donna non ha assunto una condotta attiva che le ha permesso di valorizzare tutte le sue potenzialità nella ricerca di un impiego. 

La riduzione per cassa integrazione

Oltre ai fatti citati, possono verificarsi anche altre condizioni inaspettate le quali possano portare alla riduzione dell’assegno divorzile, come per esempio quella in cui si verifica una riduzione sostanziale del reddito della persona che sta pagando l’assegno

Se il lavoratore viene messo in cassa integrazione e non riceve per un determinato periodo di tempo la sua consueta retribuzione, si verifica un fatto nuovo, ovvero un giustificato motivo che può portare all’abbassamento dell’assegno di divorzio

Nonostante il fatto che il tenore di vita non sia più un parametro di riferimento dell’assegno spettante all’ex coniuge, la riduzione deve comunque essere calcolata prendendo in considerazione non solo la nuova condizione inattesa, ma anche elementi quali i risparmi e il patrimonio

La revisione dell’assegno divorzile

La revisione dell’assegno è prevista dallo stesso articolo 9 della legge n. 898 del 1970 in base al quale può avvenire nel caso in cui “sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio”.

Richiede l’intervento di un giudice. La procedura di revisione permette di:

  • modificare l’importo dell’assegno;
  • sopprimerlo del tutto;
  • chiederne la ricezione, nel caso in cui non fosse stata ancora richiesta o fosse stata rifiutata in precedenza. 

La cessazione definitiva dell’assegno divorzile, invece, si verifica in presenza di condizioni quali:

  1. la prescrizione dell’assegno;
  2. la morte di uno dei due ex coniugi;
  3. qualora l’ex coniuge sposasse un’altra persona;
  4. il venir meno dei presupposti iniziali
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Assegno divorzile e diminuzione redditi da lavoro

La giurisprudenza ha stabilito che l’assegno divorzile che non è stato richiesto o è stato negato in sede di divorzio potrà essere ottenuto nel caso in cui le condizione economiche dell’ex coniuge siano peggiorate, per esempio per un pensionamento o per la perdita del posto di lavoro. 

Questo orientamento è stato confermato anche dalla sentenza n. 17041/2007, nella quale si legge che: “Il peggioramento delle condizioni economiche dell’ex coniuge, determinato dalla volontaria scelta di pensionamento o di dimissioni volontarie dal lavoro, può assumere rilevanza quale giustificato motivo per il riconoscimento ex novo dell’assegno di divorzio, originariamente negato o non richiesto, nell’ambito di una rinnovata valutazione comparativa della situazione reddituale delle parti”.

Richiedere la riduzione dell’assegno tramite negoziazione assistita

In alternativa al ricorso in Tribunale, è anche possibile procedere con la richiesta di revisione dell’assegno divorzile tramite la procedura di negoziazione assistita, la quale richiede la presenza di un avvocato

A introdurre questo procedimento è stata la legge 132 del 2014. In particolare, nell’articolo 6 viene stabilito che:

“La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 10 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”.

Leggi anche: “La separazione con negoziazione assistita“.

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