Motivi per togliere i figli ai genitori
Quali sono le ragioni che per legge prevedono l'intervento dei servizi sociali che possono togliere i figli ai genitori.
La legge n. 149 del 2001
Le casistiche nelle quali l’autorità giuridica può togliere i figli ai genitori sono disciplinate nell’ordinamento giuridico italiano dalla legge n. 149 del 2001. Il minore ha sicuramente il diritto di crescere e di essere educato nella propria famiglia.
Tuttavia, quando vengono a mancare le condizioni che possono garantire a un bambino una crescita equilibrata, anche sotto il profilo psicologico, come per esempio il manifestarsi di episodi di violenza da parte di uno dei genitori, allora il suo allontanamento dalla famiglia diventa legittimo.
Nelle prossime righe saranno presentate le motivazioni per le quali i figli vengono tolti ai genitori e cosa controllano gli assistenti sociali, i professionisti che si occupano di monitorare la situazione di tutti quei bambini che non possono più vivere in casa con i loro genitori, a prescindere dal fatto che siano naturali o adottivi.
Quando si può togliere un figlio ai genitori
L’obiettivo della legge è quello di fornire un supporto alle famiglie che vivono in condizioni di difficoltà. Nel testo si legge infatti che “le condizioni di indigenza dei genitori o di chi esercita la patria potestà non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia”.
Nella pratica, le difficoltà economiche non possono bastare per allontanare un bambino dalla sua famiglia. I motivi per i quali può accadere sono invece:
- il sussistere di una situazione di degrado che può condurre alla violenza fisica o psichica nei confronti del minore:
- casi di malnutrizione;
- il rischio che il bambino possano essere vittima di un reato;
- i genitori siano tossicodipendenti, alcolisti o abbiano coinvolgimenti con il mondo della prostituzione.
Nelle casistiche sopra elencate, il bambino viene affidato a un’altra famiglia fino a quando le condizioni familiari non tornino alla normalità, oppure viene accolto da un istituto pubblico o privato che se ne possa occupare finché necessario.
La legge n. 149 stabilisce infatti che il bambino “temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”.
L’iter di allontanamento
Il primo passaggio in presenza di una situazione di degrado in una famiglia è rappresentato nella segnalazione da parte di un soggetto terzo, che in genere è un vicino di casa, un parente stretto, un insegnante o qualsiasi persona che abbia avuto modo di essere testimone delle condizioni critiche nelle quali sta crescendo il bambino.
La segnalazione viene rivolta ai servizi sociali i quali si occuperanno di effettuare le opportune verifiche: nel caso in cui si rendessero conto dell’effettiva criticità delle condizioni familiari, questi ultimi chiederebbero l’intervento del Tribunale. Sarebbe infine il giudice a decretare l’eventuale affidamento del bambino ai servizi sociali.
In questa fase, esistono due diverse possibilità:
- nella prima il minore non viene tolto ai genitori, ma le sue condizioni di salute, le cure che dovrebbe ricevere e il suo rendimento scolastico vengono monitorati dai servizi sociali. Nel frattempo ai genitori viene fornito il giusto sostegno necessario al miglioramento della loro condizione socio-economica;
- la seconda ipotesi prevede invece l’affidamento temporaneo: il giudice dovrà rendere esecutivo con apposito decreto tale affidamento che, come anticipato, potrà essere a carico di una famiglia, una comunità o un istituto.
Cosa succede in caso di opposizione da parte dei genitori
Una conseguenza che si verifica con una certa frequenza è quella in cui i genitori si oppongano all’affidamento temporaneo del minore. In questo caso, sarà necessario l’intervento da parte del Tribunale per i minorenni, che applicherà le norme contenute negli articoli 330 e successivi del Codice Civile.
In particolare, l’articolo 330 disciplina la decadenza dalla responsabilità genitoriale sui figli e stabilisce che “Il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore“.
Anche nell’articolo 30 della Costituzione italiana si legge che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”.
Alla luce delle norme in vigore, il Giudice potrà:
- decretare la decadenza della responsabilità genitoriale del padre, della madre o di entrambi i genitori;
- ordinare che il figlio venga allontanato dalla famiglia.
Per farlo, dovrà emanare un provvedimento all’interno del quale dovranno essere contenuti:
- le motivazioni alla base dell’allontanamento;
- quanto tempo durerà l’affidamento temporaneo e quali saranno i poteri degli affidatari;
- come si svolgeranno gli incontri con i genitori durante il periodo di allontanamento;
- quale sarà il servizio sociale che dovrà monitorare l’andamento della situazione e informare il Tribunale in relazione a eventuali sviluppi.
Quando il figlio potrà tornare in famiglia
Sarà lo stesso giudice che ha predisposto l’allontanamento del bambino dalla propria famiglia a decidere quando sarà arrivato il momento di farlo rientrare: ciò potrà verificarsi quando saranno venute meno le motivazioni che avevano portato all’esecuzione del provvedimento.
In caso contrario, l’allontanamento potrà anche essere prorogato. Il giudice prenderà una decisione sulla base:
- di quanto riportato dai servizi sociali che nei mesi si sono occupati di monitorare la situazione familiare del bambino;
- dell’opinione stessa del minore il quale, al compimento dei 12 anni di età, o anche prima, potrà esprimere il suo punto di vista dinnanzi all’autorità giudiziaria in quanto viene considerato capace di discernere.
Nel periodo di allontanamento, che di base ha una durata di 24 mesi, ma può anche essere soggetta a prolungamenti, i genitori saranno accompagnati in un percorso di riabilitazione mirante a far recuperare loro la responsabilità genitoriale al fine di annullare il provvedimento di allontanamento e acconsentire al rientro del minore in famiglia.
L’alternativa all’allontanamento
L’applicazione della norma giuridica in vigore non significa che non possano essere portate avanti soluzioni alternative che possano evitare di togliere il figlio al proprio nucleo familiare.
Un caso esemplificativo è rappresentato da quelle famiglie in cui la madre è vittima di violenza o comunque sta attraversi una fase nella quale risulta incapace di poter svolgere il proprio ruolo: si tratta di una situazione nella quale è la madre stessa a rivolgersi agli assistenti sociali e a chiedere supporto.
Generalmente madre e figlio vengono accolti da una casa-famiglia, una struttura nella quale potranno portare avanti un vero e proprio percorso di recupero. Si tratterà di un periodo della durata di 1 anno e mezzo durante il quale:
- sarà offerto supporto sia di tipo medico sia di tipo psicologico;
- si avrà la possibilità di guarire da un’eventuale dipendenza da alcol o droghe;
- si potranno seguire corsi di formazione professionale che daranno alla madre qualche chance in più di avere accesso al mondo del lavoro.
In genere la soluzione della casa di accoglienza viene ponderata dallo stesso giudice in presenza di ragazze madri o di donne con figli minori la quali subiscono maltrattamenti in famiglia ed episodi di violenza da parte del partner, che non hanno il coraggio di denunciare.
Togliere i figli ai genitori – Domande frequenti
Il figlio viene allontanato dalla famiglia quando vengono a mancare le condizioni che possano garantirne una crescita ed educazione equilibrate.
Gli assistenti sociali intervengono nel momento in cui ricevono una segnalazione relativa a una situazione familiare di degrado in presenza di figli minori.
L’affidamento dei figli può essere esclusivo al padre quando la madre dimostra incapacità educative e di crescita del figlio minore.